E’ permesso?

Roberto Beccantini16 agosto 2024

Signore e signori, in carrozza. On y va. Chi sarà il Velasco del Big Bang e chi, mutatis mutandis, lo Stephen Curry capace di quattro triple in una finale olimpica a 2’58″ dal termine sul punteggio di 82-79? Chi? Con il mercato che chiude a mezzanotte del 30 agosto, ogni griglia diventa un viaggio nel delirio. Mi soccorre Salvador Dalì: «Non aver paura della perfezione: non la raggiungerai mai». Meno male.

Inter in pole, ça va sans dire. E’ la squadra campione, americana e non più cinese, dalla rosa meglio guarnita. E l’allenatore, Inzaghi, in modalità genio (ancora Dalì: «Ci sono giorni in cui credo di morire per un’overdose di soddisfazione»). Poi, sgranate, le altre. Voce dal fondo: che scoperta. Mi intriga molto il Napoli del Conte Dracula: senza Europa, come all’alba juventina, e Castel Volturno tipo Castello di Bran. Il Milan di Fonseca e non più di Pioli, di Morata e non più di Giroud. E la Juventus, che confusione, dall’ultimo Allegri (sul campo, una medaglia di legno e due di bronzo) al «primo» Motta, hombre di visioni e non solo di gabbioni. Non fategli fretta. L’Atalanta del Gasp, quindi, in bilico perenne tra l’ora o mai più. I casi Chiesa, Koopmeiners, Dybala, Osimhen e Lukaku sono dosi massicce di viagra per gli stakanovisti dei talami mercantili. Beati loro.

Et voilà il mio serpentone: 1) Inter; 2) Napoli; 3) Milan; 4) Juventus; 5) Atalanta; 6) Roma; 7) Fiorentina; 8) Lazio; 9) Torino; 10) Bologna; 11) Genoa; 12) Lecce; 13) Monza; 14) Cagliari; 15) Parma; 16) Como; 17) Empoli; 18) Udinese; 19) Verona; 20) Venezia.

Mai come stavolta, un giro di roulette. E guai a trascurare l’extra: cinque in Champions (Inter, Milan, Juventus, Atalanta, Bologna), due in Europa League (Roma, Lazio) e una in Conference (Fiorentina). Il campionato è un romanzo: scrivetelo anche voi. Ci appassionerà di più.

Da Team Usa a Team Real

Roberto Beccantini14 agosto 2024

Non hanno perso i cieli di Gasperini. Hanno vinto le stelle di Ancelotti. Da Team Usa a Team Real: 2-0 all’Atalanta e sesta Supercoppa in archivio. Per un’ora, Varsavia ha scortato una finale alla pari, un po’ pennica e un po’ trambusto, una traversa di qua (sforbiciata aerea di Militao su cross di De Roon) e una di là (Rodrygo), una paratissima di Courtois (su testata di Pasalic) e, più in generale, una Dea all’altezza delle esigenze e, soprattutto, delle emergenze (fuori Scalvini, Scamacca, Zaniolo, Koopmeiners).

Poi, come a Wembley contro il Borussia, quando rischiarono l’osso del collo nel primo tempo e strariparono nel secondo, i Blancos hanno sfoderato i loro Curry, i loro LeBron, i loro Durant. Che c’erano già, ma non abbastanza. Slalom di Vinicius, tocco al centro, rete facile facile di Valverde. Era il 59’: nove minuti, ed ecco Bellingham (voto otto, il migliore) beccare Mbappé, sin lì da 5, per il destro del raddoppio. E senza i tuffi di Musso, chissà come sarebbe andata.

La prima di Mbappé. La prima senza Kroos. Il 4-2-4 di riferimento necessita di serbatoi pieni e non mezzo vuoti come sotto Ferragosto. In compenso, l’esterno di Modric, per quanto le rughe ne consiglino il dosaggio, non annoia mai. Non era l’Atalanta di Dublino, né poteva esserlo: per la formazione e per il rango degli avversari. Gasp ha avuto poco da De Ketelaere e persino da Lookman, che la tripletta di maggio aveva caricato di un sacco di onori e di uno zaino di oneri. Carletto, che nulla ha inventato ma da tutti imparato, si è limitato a gestire l’harem offertogli da don Florentino. Essere ammiragli della Sesta flotta non è mica reato: specialmente se non lo fai pesare.

Il Real è la storia del calcio; l’Atalanta, la parabola del dentista. Il pronostico non è mai una sentenza. Stavolta, lo è stato.

Julio col bene che ti voglio

Roberto Beccantini11 agosto 2024

Da Curry-uomo-Curry a «Nole» me tangere a Julio col bene che ti voglio. Le ragazze del volley sono campionesse olimpiche per la prima volta nella storia. All’ora della pennica, hanno sbranato le «State Unite». Appassionato di molto ed esperto di nulla, mi inchino a Julio Velasco, un tecnico al quale devo una della massime che più mi hanno commosso ed entusiasmato («Charlie Brown dice a Snoopy: “Un giorno moriremo tutti”. E Snoopy gli risponde: “Sì, ma tutti gli altri giorni no”»). A Paola Egonu, a Myriam Sylla, a Ekaterina Antropova, a Sarah Fahr, a tutta l’Italia meticcia e di radici mobili che hanno fatto del «muro» un ponte verso la vita (e non una fuga da essa). Orro o mai più.